Pochi giorni fa mi sono imbattuta in un post che denigrava una fascia di lettori apostrofandoli come: capaci di leggere solo Topolino.

Io mi sono sentita offesa, credetemi nella mia vita ho letto di tutto: narrativa di vario genere (dall’avventura alla fantascienza, dal rosa al giallo…), tomi filosofici, o di carattere storico, bibliografico, artistico, scientifico ma, sono anche cresciuta leggendo fumetti ed in primis il Corriere dei piccoli e TOPOLINO.
Sono sicura che questo tipo di pubblicazioni abbia contribuito a fertilizzare la fantasia già presente nella mia mente e sono orgogliosa di dirvi che, quando mi capita sotto mano, un Topolino lo sfoglio ancora volentieri.
Ho sempre trovato le storie in esso raccontate, simpatiche, pulite e, spesso, avvincenti.

Chi ha pubblicato quell’infelice battuta su facebook , forse, non è al corrente del lavoro che si cela dietro quel giornalino. Per illustrare una storia occorre, prima di tutto, idearla e non è facile trovarne sempre di accattivanti, gradevoli o sorprendenti, ovvero essere capaci di attanagliare l’attenzione del futuro lettore. Come secondo atto bisogna preparare i personaggi che, nel caso del fumetto in questione sono, per fortuna, ben collaudati, cioè chi li disegna lo fa ormai a memoria altrimenti, sarebbe necessario un lungo lavoro di prova, fatto di bozze e di ricerca, volto anche a dare uno specifico carattere ad ogni singolo soggetto.
Tralascio la parte puramente figurativa, ossia il disegno a china e la sua colorazione, ponendo però l’accento sulla sceneggiatura che è un capitolo essenziale per proseguire nel progetto.
Ogni singolo (riquadro) di una striscia va studiato: occorre dare un azione ai personaggi, un inquadratura ed una giusta collocazione nel debito sfondo poi, i dialoghi.
Bene, scrittori veterani ed emergenti pensate una storia e provate a tradurla solo inserendo dei dialoghi in un fumetto, ne siete capaci?


Ed ora.
Alzi la mano chi ama TOPOLINO.