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La macchina da scrivere

Pennini e calamaio, penna stilografica, biro, macchina da scrivere, computer, quanti strumenti sono stati e sono a disposizione degli scrittori ma, facciamo un passettino indietro.



I giovanissimi, forse, ne avranno visto qualche esemplare in casa dei nonni o sulle pagine di un libro o girellando tra le immagini fornite da internet ma, noi, con i capelli “sale e pepe”, la rammentiamo bene la cara macchina da scrivere.

Il primo, nonostante tutti cerchino di accaparrarsi il primato, ad averne inventato un prototipo sembra sia stato Giuseppe Ravizza che nel 1846 abbozzò un tentativo con scopi umanitari: questa macchina doveva servire a far sì che anche i ciechi potessero scrivere. Ravizza scelse di darle un nome tutto suo: cembalo scrivano, per la somiglianza con lo strumento musicale.






Anche Peter Mitterhofer è uno dei candidati alla paternità

Fin dall’inizio, comunque, si diede importanza agli standard di posizionamento dei tasti per dattilografare velocemente a memoria senza cercare la lettera e per permettere l’alternarsi della mano destra con la sinistra. Tali criterio sono rimasti invariati anche per le tastiere dei moderni computers.


Nei primi modelli meccanici ed elettro-meccanici era presente una tastiera i cui tasti di scrittura premuti azionavano il corrispondente martelletto in grado di trasferire il carattere, premuto con forza su un nastro inchiostrato, alla superficie della carta (oh quel nastro che si impigliava, che macchiava le mani di nero e rosso, poiché era in grado di scrivere anche in questo colore, lo rammentate?). Un altro meccanismo faceva, immediatamente, seguire lo scatto di avanzamento del carrello sul quale stava il foglio di carta che veniva così posizionato in modo corretto per la stampa del carattere successivo.

La fine corsa era segnalata da un “dling”.

Accessori indispensabili erano la carta carbone che consentiva di ottenere più copie, conformi all'originale, con una sola operazione di battitura e la gomma, sottile e a forma di dischetto, per le cancellature, seguita, più avanti nel tempo, da strisce di bisnchetto che si posizionavano sull’errore, ribattendoci il tasto, ed imprimendo il bianco sul foglio al posto della lettera errata.

Nel 1901 nacquero le macchine elettroniche con elemento unico di scrittura (inizialmente a sfera, detta anche pallina o testina, ed in seguito a margherita), tasti con modalità sbianca-errori e display. Ciò permetteva di variare il carattere, sostituendo la sfera o la margherita, di applicare uniformemente la pressione e l'intensità dell'inchiostro, e di correggere gli eventuali errori di battitura dopo o prima della stampa.

E’ ora di tornare al computer, via la nostalgia però, riflettete su: “Quanti libri sono stati scritti con la macchina da scrivere?



(nella foto la mitica Olivetti lettera 22)


p.s.: è corretto dire macchina DA scrivere e non PER scrivere perchè la proposizione da seguita da infinito, indica proprio un fine o uno scopo.

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